Collezione Scasserra
Costume e abito
Nella società agricola-pastorale molisana di un tempo, il modo di vestire serviva a distinguere i diversi ceti sociali. Le signore di ranco più elevato vestivano gli “abiti cittadini” seguendo la moda del momento mostrando così anche il loro censo, mentre, le donne del popolo portavano le “vestiture paesane”, ovvero, i costumi, seguendo quella che era la tradizione abbigliativa locale contraddistinta da una serie di codici e segni fortemente simbolici e ricchi di significati.

Costume quotidiano e festivo
L’abbigliamento popolare era caratterizzato da una serie standardizzata di capi specifici che, quotidianamente, per meglio destreggiarsi nei lavori domestici e campestri erano semplici, realizzati con stoffe di esiguo valore e solitamente prive di ornamenti. In testa si portavano fazzoletti per non rimanere a capo scoperto. Per i giorni di festa come la domenica, le ricorrenze religiose e i matrimoni, il modello talvolta non cambiava ma si adoperavano tessuti più costosi arricchiti con nastri di seta, galloni d’oro e d’argento e passamanerie di pregio. In testa si sistemavano le “mappe”, particolari copricapi che variavano come forma da paese a paese. I gioielli ed accessori preziosi completavano e arricchivano ulteriormente le vestimenta festive delle popolane.
Costume e status civile
I costumi tradizionali venivano solitamente indossati per la prima volta dalle signorine con la comparsa del primo ciclo mestruale; una manifestazione pubblica del loro passaggio fisico-sessuale dalla fanciullezza alla pubertà vestendo colori specifici alla loro condizione civile. Dal giorno del matrimonio, le ragazze sposate adottavano ulteriori colori e accessori che dimostravano visivamente alla collettività un ulteriore cambiamento di status da nubili a coniugate. Le vedove vestivano di nero; il colore del lutto che meglio si addiceva alla nuova condizione sociale delle donne caratterizzata da una forte emarginazione e manifestazione di un profondo dolore.
CAMICIA
Era il primo capo di abbigliamento che veniva indossato e fungeva anche da indumento intimo. Solitamente di cotone o lino paesano oppure di entrambi i tessuti. I modelli e le decorazioni sono assai vari, in base alla scelta di particolari tagli, merletti e ricami adoperati per confezionarle diventavano un elemento peculiare dei costumi dei singoli paesi. Esse erano i capi preferiti su cui praticare le fatture amorose quando le suocere non approvavano i matrimoni dei propri figli. La camicia oggetto del maleficio avrebbe impedito alla coppia di consumare il matrimonio diventando un valido motivo per il suo scioglimento.
CORPETTO
Posto sopra la camicia era costituito da un bustino attillato, stretto in vita per evidenziare le grazie di chi lo portava. I tessuti e i colori potevano rimarcare quelli degli altri capi del costume oppure variare con stoffe molto pregiate dalle tinte fortemente vivaci e contrastanti. I costumi di molti paesi molisani si distinguono per i corpetti cuciti alle gonne diventando così un unico elemento di abbigliamento. Quelli che rimanevano sciolti venivano dotati di un tubicino imbottito di stoffa, cucito dietro la schiena verso il basso, da un fianco all’altro con la funzione di sostenere il peso delle gonne e arrotondare i fianchi delle donne più esili.
MANICHE
Sempre staccate dal corpetto per garantire maggiore agilità nei movimenti, si allacciavano ad esso tramite cordoncini o nastri all’altezza del seno o dietro le spalle o su entrambi i lati. Si preferivano in coordinato con i tessuti e i colori dei corpetti ma non mancano casi in cui si adoperavano stoffe e colori completamente diversi. Venivano decorate ai polsi con trine, nastri e passamanerie specifiche in modo da caratterizzare il costume di una determinata località. Le maniche del costume nuziale appese dietro la camera da letto degli sposi, oltre alla funzione sacrale in quanto richiamavano la forma della croce assumevano anche una funzione protettiva volta a bloccare l’entrata delle streghe sottoforma di ratti.
GONNA
Era il capo di abbigliamento più ingombrante. Lunga fino ai piedi per evitare l’esposizione delle caviglie; parte anatomica a cui i giovani pastori e contadini attribuivano una forte carica erotica. Quasi sempre di pesante panno di lana paesano, erano cucite con un quantitativo di tessuto che andava dai tre metri e mezzo agli otto metri, a seconda del modello in uso e il girovita delle donne, che faceva arrivare una gonna a sfiorare i 10 kg. Il sistema di confezionamento delle gonne varia da paese a paese; tre erano i principali sistemi di plisettatura: ad organetto tramite minuscole piegoline a canna; a pieghe sovrapposte, fermate solo alla vita; a pieghe baciate plisettate da cima a fondo. Gli orli di molte gonne erano guarniti con nastri di seta, passamanerie o galloni d’oro e argento secondo la tradizione locale.